Mentre continuiamo ad assistere impotenti al genocidio di Israele a Gaza in un quotidiano stato di apprensione, ansia e dolore per le immagini che mostrano le atrocità in atto ormai da mesi, nell’ultima settimana il mondo ha visto spostare il fallimento militare israeliano a Gaza sul Libano dove lo stato genocida si è scagliato con altrettanta violenza e disprezzo dell’umanità contro la popolazione civile libanese e i rifugiati palestinesi e siriani.
Il copione di Netanyahu e del suo governo si ripete in Libano come a Gaza. Non sono solo Hamas a Gaza ed Hezbollah in Libano a pagare per il fanatismo messianico ma ancora e soprattutto migliaia di civili inermi. Ucciderne dieci per colpirne uno. È questa la regola applicata in Libano come a Gaza con un unico obiettivo: la pulizia etnica e il genocidio. Questo intento anche nei confronti del popolo libanese è emerso spesso sugli stessi media israeliani dove politici e funzionari hanno dichiarato che avrebbero “bombardato il Libano fino a farlo tornare all’età della pietra”.
Dopo aver visitato il Libano diverse volte negli ultimi anni, il mio ultimo viaggio lo scorso luglio, ho constatato di persona che la realtà e le condizioni di vita della popolazione libanese e dei rifugiati palestinesi e siriani era già drammatica ancor prima di questi attacchi: mancanza di elettricità, carenza di acqua, precarie condizioni igieniche, quasi totale assenza di assistenza sanitaria.
Nonostante i continui sforzi dei politici occidentali e dei loro organi di informazione per creare consenso per la condotta israeliana, etichettando gli attacchi indiscriminati come “precisi” e “legittimi” e lodando la loro “ingegnosità”, chiunque abbia familiarità con le tattiche israeliane capisce che evitare vittime civili è ben lungi dal loro obiettivo; i civili sono al contrario il loro bersaglio primario. Lo sono soprattutto i bambini come ho scritto in un mio precedente articolo. Più uccidono spietatamente con impunità incontrollata, più diventano audaci.
L’obiettivo di Israele non è l’eliminazione del “terrore” ma la pulizia etnica delle aree di cui ha bisogno per perseguire il progetto per espandersi e ricostruire la Grande Israele. Per fare questo sta eliminando la vita, le nuove generazioni palestinesi e adesso anche quelle libanesi. È importante ricordare che sia Hamas che Hezbollah sono nati dalla resistenza al terrore quotidiano scatenato da Israele sulle loro comunità da decenni. Sarebbe sufficiente leggere i testi di scrittori anche israeliani per comprendere il significato di quanto affermo. Uno tra tutti è Ilan Pappé, uno dei maggiori storici del Medio Oriente e fra le sue opere emblematiche e tradotte in italiano “Una terra, due popoli“, “La pulizia etnica della Palestina” e “Ultima fermata Gaza” con Noam Chomsky.
In meno di 24 ore Israele ha già ucciso metà del numero totale di persone uccise durante la guerra in Libano del 2006 che era durata un mese. Tutti i segnali indicano che sta solo iniziando perché Netanyahu ha già respinto un piano di cessate il fuoco sostenuto da Stati Uniti e Francia, ordinando alle sue truppe di combattere con “tutta la forza” e prepararsi per un’invasione di terra.
Un approccio sadico, definito “Dottrina Dahiye”, che prevede l’uso di una forza schiacciante e sproporzionata e l’attacco intenzionale ai civili e alle infrastrutture, con conseguenti danni inestimabili a centrali elettriche, impianti di depurazione, ponti e porti.
Come per il genocidio di Gaza, l’ex Primo Ministro israeliano Naftali Bennett ha pubblicamente affermato che le case libanesi contengono armi e lanciarazzi di Hezbollah, una narrazione che mira a disumanizzare i civili libanesi, descrivendoli come combattenti nemici e, di conseguenza, come obiettivi legittimi.
Ogni tattica del genocidio di Gaza viene ora utilizzata per devastare ciò che resta del Libano e per rivoltare la sua popolazione contro l’unica forza, quella Hezbollah, che può proteggerla da un’altra brutale invasione e occupazione.
Per decenni, Libano e Palestina si sono schierati insieme contro un aggressore comune e continueranno a farlo finché Israele non sarà sconfitto. Durante il mio ultimo viaggio a Beirut e nella Bekaa, ho raccolto decine di testimonianze della forza e dell’unità del popolo palestinese e libanese contro l’oppressore israeliano.
Dalla Nakba del 1948 e ancor prima, la Palestina non ha mai visto livelli di violenza così alti come quelli sperimentati negli ultimi mesi. Tuttavia, i media mainstream ritraggono la violenza palestinese come terrorismo mentre descrivono la ferocia e l’accanimento da parte di Israele come autodifesa. Da una parte la violenza “immorale” e “ingiustificata” dei palestinesi e dall’altra il “diritto di Israele a difendersi”. Raramente la violenza israeliana viene etichettata come eccessiva e genocida.
Nonostante le recenti tensioni e l’escalation di violenza, Israele sta continuando a colpire il Libano meridionale mentre scrivo questo articolo. Agenzie di stampa dichiarano che l’esercito israeliano si sta preparando per un’operazione di terra nello stesso Libano meridionale.
Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che ad oggi il bilancio totale delle vittime libanesi dallo scoppio delle ostilità è di oltre 1.670, tra cui 104 bambini.
La comunità internazionale non può più rimanere in silenzio di fronte a questo massacro sistematico di civili: è tempo di agire con fermezza per fermare l’aggressione israeliana e proteggere le vite innocenti in Libano e in Palestina, prima che sia troppo tardi.
Dan ROMEO