La manipolazione dell’informazione. Gaza e Sumy (Ucraina): due tragedie, due narrazioni

L’eco delle esplosioni e il dolore delle vittime non conoscono confini geografici, eppure, il modo in cui le notizie vengono presentate può creare distanze significative nella percezione pubblica.

Un recente episodio illustra in maniera emblematica il doppio standard nell’approccio dell’informazione italiana di fronte a tragedie che colpiscono civili in contesti di conflitto: il bombardamento dell’ospedale al-Ahli Arab di Gaza e l’attacco missilistico russo su Sumy, in Ucraina. La corruzione del sistema dell’informazione italiano ed occidentale è da anni sotto gli occhi di tutti ma continua vergognosamente a tenere una narrazione filoamericana e una difesa incondizionata della politica genocida del nazional sionismo israeliano, disumanizzando sistematicamente il popolo palestinese e il massacro in corso a Gaza.

Domenica scorsa, la città ucraina di Sumy è stata colpita da due missili russi, causando una trentina di morti. Nello stesso giorno, a Gaza, forze israeliane hanno attaccato l’ospedale al-Ahli Arab, l’ultima struttura sanitaria funzionante nel nord della Striscia, con un bilancio di circa venti vittime (mentre scrivo questo articolo, i bombardamenti hanno provocato altri 90 morti civili nella Striscia). Entrambe le notizie hanno trovato spazio sui media italiani, ma con un peso e un’enfasi notevolmente differenti.

Premetto che considero una tragedia la morte dei 30 civili ucraini. Ogni singolo essere umano ucciso, che sia esso, sudanese, ucraino o palestinese è un orrore per l’umanità. Tuttavia, è sufficiente analizzare le prime pagine dei giornali e i notiziari nazionali per toccare con mano il differente metro di trattamento. Le notizie e i servizi televisivi dedicati all’attacco di Sumy sono stati caratterizzati da toni di scandalo, sdegno e orrore, con un forte ricorso all’emotività e un esplicito giudizio morale negativo nei confronti dell’azione russa. Sono state mostrate immagini toccanti di civili colpiti, con descrizioni dettagliate della sofferenza e commenti indignati dei nostri pavidi politicanti che non hanno perso tempo a condannare l’attacco. Li avete mai visti parlare, salvo rarissime eccezioni, dei massacri in atto verso il popolo palestinese a Gaza e in Libano? Persino il “povero” e dimenticato presidente ucraino Zelensky, messo in un angolo dagli americani per accaparrarsi le terre rare ucraine, è stato rispolverato e ha definito l’attacco come qualcosa che ha “superato ogni limite” e perpetrato da “un bastardo”.

Al contrario, la presentazione dell’attacco all’ospedale di Gaza è apparsa nettamente più distaccata e informativa, quasi come “ordinaria amministrazione“. La notizia è stata data con piccoli trafiletti dai toni gelidi e distaccati, ma privi di quel coinvolgimento emotivo e di quel giudizio morale che hanno connotato il racconto della vicenda ucraina. L’attenzione si è concentrata sulla sequenza degli eventi: “un’ondata di attacchi israeliani che ha colpito diverse strutture, tra cui l’ospedale al-Ahli, gestito dalla diocesi di Gerusalemme”.

Un aspetto cruciale e sostanziale differenza tra le due narrazioni è stata l’inclusione nel servizio sull’attacco di Gaza della giustificazione fornita dall’esercito israeliano, secondo cui l’ospedale era utilizzato come “centro di comando e controllo da Hamas”. Questa informazione, come tutti i massacri perpetrati sui palestinesi, è stata presentata ancora una volta come un fatto assodato. Parallelamente, la giustificazione fornita dai russi per l’attacco a Sumy, che avrebbero colpito un comando militare, è stata completamente omessa dai media italiani che ho verificato.

Questa disparità di trattamento solleva interrogativi significativi sull’obiettività e sulla completezza dell’informazione fornita al pubblico italiano. Sebbene sia i russi che gli israeliani abbiano addotto motivazioni militari per le loro azioni, solo una di queste giustificazioni ha trovato spazio e risalto nella narrazione mediatica italiana.

Le conseguenze dell’attacco all’ospedale al-Ahli sono state devastanti, come testimoniato dalle fonti. Due raid aerei hanno distrutto l’unità di emergenza, l’ingresso principale e l’impianto di ossigeno per la terapia intensiva. Il personale ospedaliero ha dovuto evacuare in fretta i pazienti, molti dei quali già feriti in precedenti attacchi israeliani, lasciandoli a ripararsi per strada. L’ospedale, che era l’unico ancora funzionante nel nord di Gaza, è ora fuori servizio, privando migliaia di persone di cure mediche essenziali. Pazienti in condizioni critiche, bisognosi di interventi chirurgici, terapie intensive e ossigeno, sono stati lasciati senza assistenza, con il rischio di morire non solo per le ferite, ma anche per la mancanza di cure. Medici sul posto hanno descritto una situazione disperata già prima dell’attacco, con un elevato numero di pazienti curati a terra e con risorse limitate. La distruzione dell’ospedale ha eliminato anche l’unica TAC disponibile nel nord di Gaza.

Il differente approccio narrativo adottato dai media italiani nei confronti di queste due tragiche vicende pone ancora una volta un interrogativo cruciale sul ruolo dell’informazione e sulla sua capacità di rappresentare in modo equilibrato e completo le sofferenze delle vittime, indipendentemente dalla loro provenienza e dal contesto geopolitico in cui si consumano le tragedie. La selezione delle informazioni e delle immagini, il tono utilizzato e l’eventuale inclusione di giustificazioni possono influenzare profondamente la percezione del pubblico e la comprensione degli eventi.

In sintesi, la stampa italiana, attraverso una scelta accurata di termini, la descrizione (o la mancata descrizione) delle sofferenze, e la selezione e presentazione delle giustificazioni, evidenzia la chiara linea di manipolazione dell’informazione per generare reazioni emotive diverse e influenzare l’opinione pubblica riguardo ai conflitti ucraino e al genocidio in atto sul popolo palestinese.

Di fronte a narrazioni così divergenti di tragedie che colpiscono civili inermi è fondamentale adottare uno sguardo critico e analitico. Non ci si può accontentare di ricevere passivamente le notizie, ma è necessario interrogarsi sulle fonti, confrontare diverse versioni e valutare attentamente il linguaggio utilizzato. Solo in questo modo possiamo interpretare e decifrare correttamente le complessità di eventi così drammatici e resistere alla manipolazione dell’informazione a cui siamo ormai tristemente assuefatti, riuscendo, spero, a farci un’opinione autonoma e consapevole sulla realtà che ci circonda.

Dan ROMEO